L'invidia è una brutta bestia
Alberoni psichiatra scrive sul Corriere della sera, tutti i lunedì, l'articolo che vado a pubblicare parla dell'invidia, uno dei sette vizi capitale che danneggia le persone operose anche in campo di volontariato. Alberoni apre il suo articolo con due frasi emblematiche "chi innova e ha successo suscite sempre feroci invidie" ed "sta meglio chi non fa nulla, perchè così non disturba". Qui di seguito l'articolo di Alneroni uscito lo scorso 22 giugno 2009.
Nell’immaginario popolare nessuno è tranquillo come un califfo. Invece tutti coloro che occupano una posizione di potere vengono continuamente minacciati, attaccati e si devono difendere. Il califfo è insidiato dai parenti, dai figli che mirano alla successione. La maggioranza degli imperatori romani sono morti assassinati. Le tragedie di Shakespeare sui re d’Inghilterra ci danno un lucido quadro della lotta spietata e sanguinosa che si svolge attorno al trono. I dittatori, pensiamo a Stalin, Hitler, hanno conservato il potere sterminando i potenziali oppositori. Ma ancora negli ultimi anni Stalin temeva di essere avvelenato dai suoi medici. La democrazia rende solo la lotta meno sanguinosa. Ma non appena uno è diventato ministro o presidente del Consiglio o ha raggiunto qualche altra carica ufficiale, incominciano gli intrighi per farlo fallire e prenderne il posto. Ogni volta che deve affrontare un problema i nemici lo attaccano e alcuni suoi collaboratori complottano nell’ipotesi che fallisca e arrivi qualcun altro. Chi si propone una grande meta sa che le vere difficoltà non sono mai oggettive, ma il prodotto di manovre che deve rintuzzare colpo su colpo, senza distrarsi un istante. Va meglio a chi non fa nulla, perché non disturba i gruppi di potere che vogliono conservare i loro privilegi. Ma chi vuol innovare, costruire, cambiare disturba sempre qualcuno e, se ha successo, suscita feroci invidie. È stato Alessandro Magno a consentire all’arte, alla filosofia, alla lingua greca di dominare il mondo antico dal Mediterraneo all’India e alla Cina. Eppure la Grecia ha festeggiato la sua morte dicendo che era finalmente morto il tiranno. Eppure non l’aveva mai visto perché era sempre rimasto a combattere lontano e l’aveva inondata di ricchezze e di gloria. Per questo molti politici, molti imprenditori, col passare degli anni, diventano cinici. Perdono quella fiducia nell’essere umano che avevano agli inizi della carriera e che li portava ad incontrare nuove persone, a cercare nuovi partner, nuovi collaboratori, ad aprirsi a nuove idee, a esplorare strade nuove, a rischiare, ad inventare. E si inaridiscono, smarriscono la loro forza creativa. Perché la creatività è spalancarsi, guardare il mondo con occhi sempre nuovi e sempre stupiti, non sospettosi. La persona creativa, lo vediamo nei grandissimi artisti, a qualunque età conserva qualcosa della ingenuità del bambino, dell’entusiasmo e dei sogni dell’adolescente. Quando la perde si spegne.
Francesco Alberoniwww.corriere.it/alberoni
Francesco Alberoni / 22 giugno 2009
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